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Può esistere un mondo senza denaro?

Può esistere un mondo senza denaro?

Mi è capitato di riflettere sulla possibilità di un mondo senza denaro, ritenuto da molti la causa di tutti i mali della nostra società.

Una di quelle riflessioni che fai a voce alta mentre fissi il caffè… ma un mondo senza soldi, è impossibile o potremmo davvero farcela?

Voglio dire, se ci penso, in teoria è bellissimo. Le risposte sono sempre state “confuse”, perché chi propone l’idea finisce spesso per disegnare delle utopie talmente banali che sembrano uscite da un film della Disney in cui tutti cantano e si abbracciano.

Il problema è che queste utopie si dimenticano un piccolo, insignificante dettaglio: l’essere umano, quello vero, quello un po’ ingordo, un po’ pigro e maledettamente bravo a fregare il prossimo.

 

Il Paradosso dell’utopia: un mondo senza denaro tra sogno, logistica e natura umana

L’idea di una società senza denaro affascina da secoli, generando vere e proprie utopie. Tuttavia, queste visioni sono spesso disancorate non solo dalla realtà oggettiva del sistema produttivo, ma soprattutto dalla complessa e spesso scomoda realtà psicologica dell’essere umano.

Analizzare criticamente questa ipotesi richiede di bilanciare i benefici teorici con le ineliminabili sfide poste dall’ingordigia e dalla pigrizia.

In uno scenario privo di logica di profitto, la società subirebbe una drastica riorganizzazione che, almeno in teoria, porterebbe vantaggi ambientali ed etici, significativi:

Fine dell’obsolescenza programmata: se non esiste l’impulso a vendere di nuovo, i prodotti (dalle lampadine centenarie all’elettronica) sarebbero concepiti per la massima efficienza e durabilità, con un occhio di riguardo alla riciclabilità. Si eliminerebbero le “falle” strutturali intrinseche al modello economico attuale.

Decentramento e sostenibilità: i mercati di produzione si avvicinerebbero ai cittadini (produzione a “chilometro zero”). I trasporti internazionali subirebbero un grosso rallentamento, non essendo più necessario muovere merci su lunghe distanze per ragioni puramente economiche.

Questo genererebbe un imponente beneficio ambientale e ridurrebbe l’impronta ecologica globale.

Il modello “biblioteca globale”: si ipotizza la creazione di grandi magazzini di beni essenziali e non essenziali, da cui ognuno potrebbe attingere “in base alle proprie necessità”, replicando il modello di condivisione di risorse come le biblioteche pubbliche.

 

La rottura del sogno: il Fattore Umano e la logistica

Non appena si inserisce la variabile umana e la necessità di uno scambio complesso, l’utopia inizia a mostrare crepe strutturali.

1. Il dilemma della motivazione e del lavoro scomodo

Il fondamento del sistema ideale è che ogni individuo svolga attività in base alle proprie inclinazioni e offra liberamente le proprie capacità alla società, ricompensato solo dal senso di appartenenza e dal diritto di accedere ai beni collettivi.

La realtà è più cinica:

  • L’equità della fatica: perché un individuo dovrebbe intraprendere l’impegnativo e logorante trasporto di melanzane da Torino a Siracusa, se un altro servizio molto più comodo o gradevole offre lo stesso diritto di accesso ai beni? La rimozione di una ricompensa universale (il denaro) rende i servizi essenziali ma sgradevoli o faticosi estremamente vulnerabili.
  • Il fardello della pigrizia: molte persone sarebbero spinte a fare il meno possibile (il minimo indispensabile) per garantirsi il diritto di prelievo. La tendenza a massimizzare il beneficio personale minimizzando lo sforzo (il classico free rider) minerebbe rapidamente la responsabilità collettiva.

2. La tirannia dell’ingordigia (greed)

Senza il freno del costo, l’ingordigia si manifesta in modo differente ma ugualmente distruttivo.

  • L’Accumulo Incontrollato: L’assenza di un prezzo monetario non elimina il timore della scarsità. Chi impedirebbe agli individui di prelevare quantità ben superiori alle “necessità” (che peraltro sono soggettive e non quantificabili), semplicemente per accantonare scorte o per paura che l’offerta si esaurisca? La fiducia richiesta per il modello “biblioteca” crollerebbe di fronte al primordiale istinto di accaparramento.

3. L’Impossibilità del baratto complesso

Il problema più critico emerge a livello di scambi internazionali, che il denaro ha risolto millenni fa. Se un Paese A, ricco di acciaio e rame, necessita di legno dal Paese B, ma il Paese B non ha alcun interesse per i prodotti del Paese A, lo scambio è bloccato.

  • La doppia coincidenza dei bisogni: il baratto su larga scala richiede una “doppia coincidenza dei bisogni” che, a livello globale, è logisticamente impossibile da sostenere. L’alternativa sarebbe condannare intere nazioni a rimanere senza risorse cruciali (energia elettrica, computer, riscaldamento).
  • La re-invenzione sarcastica: ogni tentativo di superare questo blocco (ad esempio, introducendo un sistema di “crediti”, “voucher di servizio” o “unità di tempo lavorativo” universalmente accettate per ricompensare l’autotrasportatore) si traduce, di fatto, nella re-invenzione del denaro stesso, mascherato da un’altra etichetta.

 

Il male necessario

Il denaro, per quanto considerato perverso e alla base di molte ingiustizie, rimane uno strumento indispensabile per l’ordine e l’efficienza logistica su vasta scala. La sua universalità e liquidità sono gli unici meccanismi che:

  • Danno un valore misurabile e scambiabile alla fatica (motivando anche i lavori sgradevoli).
  • Permettono transazioni triangolari e complesse tra entità che non hanno un interesse diretto nello scambio reciproco.

Insomma, un mondo senza denaro? Sarebbe un bellissimo esperimento, forse, da fare su un’isola con 50 filosofi illuminati. Ma su scala globale, con 8 miliardi di individui guidati (anche) dalla paura, dall’ingordigia e dalla pigrizia… temo che il sistema collasserebbe in fretta, costringendoci a inventare in fretta e furia un’alternativa per stabilire ordine.

E, diciamocelo, quell’alternativa, alla fine, sarebbe sempre lui, il caro, vecchio e “indispensabile” denaro.

 

Cosa ne pensi? È più forte la nostra paura di restare senza, o la nostra pigrizia di non lavorare?

 

L’uomo valuta con il denaro. Per questo tutte le azioni dell’uomo si fondano sul denaro, la sua cultura e la sua civiltà, e per questo tutto ciò che l’uomo fa o produce con o tramite il denaro, il buono o il cattivo, l’enorme giro di affari con il pane per i fratelli e la miseria per i fratelli, con ciò che ci veste e ciò che ci sveste, con ciò che merita di essere vissuto e ciò che non merita di essere vissuto, con il durevole e con il transitorio, con il necessario e con il superfluo, con la cinematografia e con la pornografia, con l’amore disinteressato e con l’amore veniale, non è altro che vanità.

(Friedrich Dürrenmatt)

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