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Possibilisti e deterministi: due mondi, due destini

Possibilista Vs. Determinista

Il possibilista crea la strada, il determinista aspetta che qualcuno gliela mostri.

 

“Tra il possibilista che costruisce il futuro e il determinista che lo subisce, passa tutta la differenza tra vivere e sopravvivere.”

 

Nella vita incontriamo due tipi di persone: chi risolve problemi e chi li crea.

Non perché sia più intelligente o più fortunato, ma perché ha una diversa visione del mondo, una differente programmazione mentale.

Il primo costruisce la propria realtà.

Il secondo la subisce.

Non si tratta solo di atteggiamento, ma di livello di consapevolezza: uno vive come possibilista, l’altro come determinista.

 

I Problem Solver: i Possibilisti

I Problem Solver non si definiscono per ciò che subiscono, ma per ciò che creano.

Quando qualcosa non va, non si chiedono “perché a me?”, ma “come posso trasformarlo in opportunità?”.

Per loro, un problema è come una porta chiusa: non si lamentano del fatto che non si apre, cercano la chiave giusta, e se non la trovano… costruiscono un’altra porta.

Sono proattivi, non aspettano che la vita decida al posto loro.

Programmano, si muovono, sperimentano, cadono, si rialzano, imparano.

Perché hanno capito che la realtà non è ciò che accade, ma ciò che si decide di fare con ciò che accade.

Hanno una visione d’insieme.

Non vivono alla giornata: vedono la meta e i passi intermedi.

Come un giocatore di scacchi, sanno che ogni mossa presente è in funzione di un risultato futuro.

Ogni errore diventa parte della strategia.

 

I Problem Creator: i Deterministi

I Problem Creator, al contrario, vivono in un mondo dove tutto accade.

Le cose “vanno così”, “è colpa del sistema”, “non dipende da me”.

Non scelgono, reagiscono.

Sono convinti che la vita sia qualcosa da “sopportare”, non da “creare”.

Ogni difficoltà diventa una montagna invalicabile, ogni sfida un motivo di stress.

Vedono il problema come un pericolo da evitare, non come un ponte da attraversare.

Così, invece di agire, si giustificano: “non ho tempo”, “non è il momento”, “non è colpa mia”.

Sono come viaggiatori che, davanti a un semaforo rosso, spengono il motore e aspettano che qualcuno li venga a spingere.

Nel frattempo, si convincono che non valga la pena ripartire.

 

Il punto di rottura: quando il problema diventa specchio

Il vero bivio tra i due mondi si trova nel significato che si attribuisce al problema.

Per un Possibilista, il problema è la materia prima del cambiamento.

Per un Determinista, è la prova della propria impotenza.

È la stessa situazione, ma cambia l’interpretazione.

Uno vede il limite come un messaggio da decifrare, l’altro come un destino da subire.

È come la differenza tra chi, davanti a un temporale, pianta un albero e chi costruisce un ombrello.

Entrambi reagiscono, ma con due mentalità opposte:

uno usa l’energia del problema, l’altro si difende da essa.

 

“Mettersi problemi” o “temere i problemi”

I Possibilisti si mettono problemi:

non perché amino complicarsi la vita, ma perché sanno che solo chi si pone domande difficili trova risposte evolutive.

Chi si mette problemi è curioso, analitico, strategico.

Capisce che il problema è la forma attraverso cui la vita chiede di evolversi.

I Deterministi, invece, temono i problemi.

Appena ne intravedono uno, si bloccano o lo ignorano, sperando che scompaia da solo.

Ma i problemi non scompaiono: crescono nel silenzio di chi li evita.

E quando riemergono, lo fanno con la forza di ciò che è stato represso troppo a lungo.

 

Visione e responsabilità

La differenza più grande tra le due personalità sta nel modo in cui percepiscono la responsabilità.

Il Possibilista si sente responsabile: non per colpa, ma per potere.

Sa che non può controllare tutto, ma può sempre controllare la propria risposta.

È la sua libertà più grande.

Il Determinista, invece, vive nella colpa o nella rassegnazione.

Si sente piccolo davanti alla vita, impotente, come una foglia al vento.

E più si convince di esserlo, più il vento lo trascina.

Il primo usa la mente come strumento di navigazione;

il secondo la subisce come tempesta interiore.

 

L’esempio del giardino

Immagina la vita come un giardino.

Il Possibilista, ogni mattina, controlla le piante, toglie le erbacce, aggiusta il terreno, osserva come reagisce alla luce.

Se una pianta non cresce, non la maledice: cambia posizione, impara, sperimenta.

Il Determinista, invece, lascia crescere le erbacce e si lamenta del fatto che “nulla fiorisce”.

Aspetta che piova, poi si lamenta che c’è troppa acqua.

Spera nel sole, poi dice che fa troppo caldo.

Non coltiva, commenta.

 

Programmare la vita o lasciarla accadere

Chi risolve problemi programma la vita come un architetto progetta una casa: ogni decisione è una pietra, ogni obiettivo un piano, ogni giorno un mattone.

Sa che non può prevedere tutto, ma può costruire le fondamenta giuste.

Chi crea problemi, invece, vive come un inquilino di passaggio:

non sistema, non pianifica, non si prende cura.

Aspetta che “qualcuno aggiusti le cose”.

Ma la vita non è un condominio: è un cantiere personale.

 

Le scuse come rifugio

I Problem Creator hanno un talento sottile: sanno trovare la scusa perfetta.

Ogni fallimento ha una giustificazione elegante: il tempo, la fortuna, gli altri, il governo, la congiuntura astrale.

Ma dietro ogni scusa si nasconde un messaggio non detto: “non voglio cambiare”.

Il Problem Solver, invece, non perde tempo a giustificarsi.

Usa quell’energia per fare il passo successivo.

Non gli interessa apparire coerente: gli interessa evolvere.

 

La metafora del vento

C’è un vento che soffia per tutti.

I Possibilisti alzano le vele e lo usano per avanzare.

I Deterministi si lamentano del vento, accusandolo di non soffiare nella direzione giusta.

E così rimangono fermi, dimenticando che il vento cambia per chi muove il timone.

 

La chiave è la consapevolezza

Nessuno nasce Problem Solver o Problem Creator.

Si diventa, attraverso le scelte quotidiane, il linguaggio che usiamo, le convinzioni che coltiviamo.

Ogni volta che diciamo “non posso”, rafforziamo il Determinista dentro di noi.

Ogni volta che chiediamo “come posso?”, nutriamo il Possibilista.

È una questione di linguaggio interiore.

Le parole che usiamo non descrivono solo la realtà: la costruiscono.

 

Il passaggio da vittima a creatore

Tutti attraversiamo momenti in cui ci sentiamo impotenti.

Ma la crescita inizia quando smettiamo di chiedere “perché succede a me?” e iniziamo a chiederci “cosa posso imparare da questo?”.

Il Problem Solver sa che la sofferenza non è una punizione, ma una rivelazione.

Il Problem Creator, invece, la interpreta come un’ingiustizia.

Ma il dolore, come il fuoco, può distruggere o forgiarti.

Dipende da come lo vivi.

 

Il mondo dei creatori

Essere un Problem Solver non significa avere una vita facile.

Significa scegliere di essere protagonista.

Significa allenare la mente a vedere possibilità dove altri vedono limiti.

Significa capire che la paura non è un segnale di fuga, ma una chiamata all’azione.

Il Problem Solver è colui che, quando tutti dicono “non si può fare”, risponde: “Vediamo come si può.

È colui che non si adatta al mondo, ma lo trasforma.

E quando guarda un ostacolo, vede in filigrana la sagoma del suo prossimo traguardo.

 

“Il Determinista vede il mondo com’è e si lamenta.
Il Possibilista lo vede come può diventare… e si muove.”

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