“Il futuro dipende da ciò che facciamo nel presente”
Mahatma Gandhi
Viviamo in un periodo storico che definire complicato sarebbe riduttivo. Ogni giorno, nel mio ruolo di orientatore, incontro uomini e donne di ogni età, formazione ed esperienza: persone appena uscite da scuola, disoccupati di lunga data, adulti che non hanno mai avuto un impiego, laureati che hanno fatto lavori lontani anni luce dal loro percorso di studi.
Cambiano i volti, le storie e i vissuti, ma la sostanza è sempre la stessa: c’è una fatica enorme nel trovare (e spesso nel cercare) un lavoro.
Lavoro da anni per alcune importanti agenzie per il lavoro. Accompagno centinaia di persone ogni anno in percorsi di orientamento professionale.
E ogni volta che inizio un nuovo colloquio, parto da una domanda semplice. Semplice solo all’apparenza: “Che lavoro ti piacerebbe fare?“. Eppure, su questa domanda si inceppano quasi tutti.
Le risposte sono generiche, confuse, a volte sconsolate: “Qualsiasi lavoro, basta che sia un lavoro“. Oppure: “Qualcosa che mi faccia arrivare a fine mese“. O ancora: “Un posto sicuro“.
Ma quando vado a fondo e chiedo: “Cosa intendi per sicuro? Quanto dovrebbe essere questa paga? Cosa significa per te arrivare a fine mese?“, le risposte svaniscono. L’impasse è totale.
Il problema non è solo il lavoro: è la mancanza di uno scopo
In questi anni di esperienza ho compreso una cosa fondamentale: il vero problema non è solo il lavoro. È l’assenza di una visione, di una progettualità, di un’identità professionale.
E soprattutto, è la mancanza di spiritualità. Lo so, questa parola può suonare fuori luogo in un contesto lavorativo. Ma permettimi di spiegare.
La spiritualità, intesa in senso laico e pratico, non ha nulla a che vedere con la fede, con la religione.
Ha a che fare con il senso, la direzione, il perché delle cose che facciamo. È quella bussola interna che ci guida e ci motiva. È ciò che ci spinge ad alzarci la mattina con uno scopo, e non solo per dovere.
“Chi ha un perché abbastanza forte, può superare qualsiasi come”
Friedrich Nietzsche
Quando non hai un “perché”, tutto diventa più difficile. Non sai cosa cercare, dove cercare, come proporti. Non sai se quel lavoro fa per te, se ti completa, se ti valorizza.
Ti limiti a sopravvivere, a tentare, a inseguire offerte. Ma è come cercare oro con una pala, senza sapere cosa sia l’oro, dove trovarlo, e come riconoscerlo se lo vedi.
È come entrare in una libreria senza sapere che libro cerchi: ne sfogli mille, ne prendi uno a caso, forse non lo leggerai mai.
È come andare in palestra senza sapere se vuoi dimagrire, mettere massa o solo distrarti: ti alleni, ma non ottieni risultati. O come partire per un viaggio senza sapere la meta: potresti divertirti, ma potresti anche perderti.
L’identità professionale parte da chi vuoi essere, non da cosa vuoi fare
Durante gli incontri di orientamento, invito sempre i partecipanti a riflettere su questa domanda: Chi vuoi essere?.
Non cosa vuoi fare, ma chi vuoi essere. Perché tutto parte da lì. Se non sai chi vuoi essere, come puoi capire che tipo di lavoro è adatto a te? Come puoi capire se le competenze che hai sono utili o se ne devi acquisire di nuove?
La spiritualità, quella vera, risponde a questa domanda. Ti permette di:
- Definire uno scopo personale
- Trovare un perché forte per superare la fatica della ricerca
- Costruire un percorso chiaro, con obiettivi concreti
- Capire quali valori vuoi esprimere nel tuo lavoro
- Cambiare strada consapevolmente, se necessario
Perché senza scopo, tutto diventa inutile.
Mandare curriculum, fare colloqui, iscriversi ai portali, creare un profilo LinkedIn, frequentare corsi. Tutte cose utili, certo. Ma senza uno scopo, diventano solo meccaniche. Azioni fatte perché si devono fare, non perché hanno un significato.
Chi ha uno scopo, si presenta diversamente.
Si propone con forza, con direzione, con coerenza. Ha una luce negli occhi. E credetemi, un selezionatore lo nota.
Tutti dovremmo porci domande del tipo…
Che tipo di persona voglio essere nel mio lavoro?
Cosa voglio trasmettere?
Quali problemi voglio risolvere per gli altri?
Come voglio sentirmi alla fine della mia giornata?
Un orientamento che parte da dentro
Il mio lavoro non è solo tecnico. Non è solo aiutare a scrivere curriculum, simulare colloqui o cercare offerte online. Quello è solo lo strato superficiale.
Il vero lavoro è interiore. Aiutare le persone a vedersi, a riconoscere il proprio potenziale, a trovare il proprio scopo.
La spiritualità del lavoro è questo: dare un senso a ciò che fai. Anche se fai un mestiere umile, anche se inizi da zero, anche se hai avuto mille difficoltà.
“Il lavoro senza amore è schiavitù”
Kahlil Gibran
E l’amore per il proprio lavoro nasce solo se sai chi sei e dove vuoi andare.
Il punto di partenza sei tu.
Non esistono formule magiche per trovare lavoro. Ma esistono strumenti. E il primo è conoscere te stesso. Il secondo è darti uno scopo. Il terzo è agire con coerenza.
Chiunque sia alla ricerca di un lavoro merita molto di più di una semplice occupazione. Merita uno scopo, una direzione, un motivo per alzarsi al mattino con entusiasmo. Non si tratta solo di trovare un posto, ma di trovare il proprio posto.
C’è una strada da percorrere, fatta di scelte consapevoli, di crescita personale, di riscoperta del proprio valore. Il lavoro giusto non è solo quello che ti assume, ma quello che ti rappresenta.
Non accontentarti. Non spegnerti. Non rinunciare. Perché anche tu puoi trovare non solo un lavoro, ma un significato profondo in ciò che fai
Piergiorgio Carlini
Orientatore professionale, esperto in ricerca lavoro, formazione, motivazione e crescita personale.