Home » Quando aiutare gli altri diventa controproducente

Quando aiutare gli altri diventa controproducente

Quando aiutare diventa un errore

L’aiuto che non aiuta

Quando si parla di aiutare si cammina su un terreno scivoloso. Non è così semplice come sembra. Aiutare non significa solo tendere una mano, significa saperlo fare con coscienza, equilibrio e, soprattutto – e qui qualcuno storcerà il naso – partire da sé stessi.

Mettere se stessi al primo posto non è egoismo, è sopravvivenza. Non puoi salvare qualcuno dall’annegare se tu per primo stai affondando.

L’aiuto è un bisogno umano fondamentale: fa parte della nostra natura sociale, della nostra sete di connessione. Ma c’è un paradosso che pochi hanno il coraggio di dire a voce alta: molti chiedono aiuto senza voler essere davvero aiutati.

Il paradosso dell’aiuto

La storia ce lo insegna: per secoli politica e religione hanno usato il concetto di “aiuto” come moneta di scambio, come strumento di controllo, come leva per il consenso. Non si trattava di altruismo, ma di potere.

E così, lentamente, intere generazioni hanno interiorizzato questa logica: l’aiuto non come atto di crescita, ma come abitudine, dipendenza, diritto preteso.
“Qualcuno mi deve aiutare”. Lo Stato, la società, l’amico, il partner. È diventato un principio quasi universale, un dogma.

Ma cosa succede quando l’aiuto diventa un dovere?

Accade che da gesto libero diventi un obbligo.

Il cortocircuito nelle relazioni

Oggi questo meccanismo lo vediamo ovunque: nelle amicizie, nei rapporti di coppia, nei luoghi di lavoro.
Quante volte vi è capitato di aiutare qualcuno e alla fine sentirvi usati, manipolati, addirittura colpevolizzati?

“L’ho aiutata in tutti i modi e alla fine ero io quello esigente.”

“Gli ho dato strumenti per cambiare, ma non ha mosso un dito.”

“Sono sempre stato un punto di riferimento e mi ha dimenticato in un attimo.”

Situazioni comuni, dolorose. Perché?

Perché spesso chi chiede aiuto non cerca soluzioni, cerca conferme al proprio vittimismo. Vuole che tu sia testimone del suo dramma, non protagonista della sua rinascita.

E guai se provi a proporre una visione diversa: si offendono, si chiudono, ti accusano.

Non vogliono cambiare. Vogliono solo che tu legittimi il loro restare immobili.

L’illusione dell’ascolto

C’è chi ti chiama per parlare, per “sfogarsi”. Tu ascolti, provi a dire la tua. Ma ogni parola viene contestata, rifiutata.
Il messaggio implicito è chiaro: “Non ti chiedo di pensare, ti chiedo solo di ascoltare e annuire”.

Ma allora è aiuto o è sfruttamento emotivo?
Se in una relazione non c’è scambio, se l’energia fluisce solo in una direzione, quella non è amicizia. È assistenzialismo mascherato da affetto.

Il nodo dell’educazione

Lo stesso errore lo vediamo spesso nei genitori: aiutano i figli a superare qualsiasi ostacolo, togliendogli ogni difficoltà. Credono di proteggerli, ma in realtà li privano dell’opportunità più preziosa: imparare a crescere attraverso l’errore.
Chi riceve sempre la risposta pronta, il soccorso immediato, diventerà dipendente. Non saprà mai cavarsela da solo.

E allora ogni problema, grande o piccolo, sarà sempre una richiesta di aiuto a qualcun altro.

La verità che non piace

Un uomo forte non può rendere forte un altro se quest’ultimo non sceglie di esserlo. Puoi ispirare, incoraggiare, mostrare la via. Ma la forza, quella vera, deve germogliare dall’interno.

Come scrisse James Allen:

“Nessun’altro se non lui stesso può cambiare la sua condizione.”

Questa è la verità che molti non vogliono accettare. Non vogliono aiuto per cambiare, vogliono aiuto per restare come sono.

Una riflessione amara (ma necessaria)

Il proverbio dice: “Chi trova un amico trova un tesoro.”

Forse valeva in altre epoche, o vale ancora in comunità lontane dalla logica consumistica, in tribù dove la sopravvivenza si basa sul sostegno reciproco.

Ma nella nostra società, iper-individualista e opportunista, il proverbio andrebbe aggiornato: Chi trova un amico deve stare attento. Molto attento.

Perché aiutare, oggi, non significa più condividere la forza, ma spesso rischiare di essere svuotati da chi non vuole, e non accetterà mai, di diventare forte da solo.

 

Articoli correlati